“Cerchiamo che ogni momento ci appartenga:
ma non sarà possibile, se, prima,
non cominceremo noi
ad appartenere a noi stessi.”
Seneca
Uno dei desideri più gettonati è oggi poter non tanto fermare le lancette dell’orologio, ma rimpadronirsi “di una parte di tempo” che ogni giorno passa sempre più veloce, scavalcandoci, travolgendoci, squilibrando massicciamente così l’ago della nostra bilancia ancestrale.
Troppo veloci, dunque. Uomini e donne.
La modernità ha partorito il grande inganno: l’illusione di un’equiparazione dei ruoli.
Questo movimento in progressiva accelerazione ha fatto si che la linea di equilibrio tra YANG e YIN ovvero tra forza e dolcezza, tra maschile e femminile, accentuasse la sua forma convessa sottraendo spazio alla componente femminile.
Tutto questo ha favorito un’ inebriante affermazione della componente maschile virile e materialista a discapito della componente femminile e sentimentale.
Tradotta in termini taoisti, un eccesso di YANG.
È un divorzio dall’interiorità, dall’attitudine placidamente concava e accogliente dello YIN.
Questi termini taoisti YANG e YIN che, come detto sopranzi, rappresentano il maschile e il femminile, sono la base di una delle più antiche discipline taoiste cinesi: il Tai Chi.
Nonostante la nostra vita occidentale abbia delle radici culturali e spirituali assai distanti e differenti rispetto tale concezione filosofica orientale, in quest’ultima possiamo cogliere la chiave alchemica per porre sia rimedio a quello squilibrio che è sempre più evidente e ormai poco tollerato, sia riportare ordine in modo armonico e sereno tra corpo e mente, tra uomo e donna, tra materialità e interiorità, tra forza e morbidezza.
Praticando il Tai Chi si ha la dimostrazione fisica di come la cedevolezza e la morbidezza possano prevalere sulla forza e sulla durezza; offre una risorsa illimitata per rivalutare le potenzialità dello YIN, del femminile: un’indispensabile strumento per le donne per ritrovare la potenzialità del proprio essere profondo ancestrale, del proprio essere motore, della sessualità e della vita.
Tutto ciò in contrapposizione al modello corrente di emulazione del maschile con la mera illusione di un’ uguaglianza che non trova riscontro in nessun luogo in natura.
Nel contempo la pratica del Tai Chi può aiutare a far riemergere in modo riequilibrato la fermezza e la forza dello YANG anche a quella donna che, spaventata dall’aggressività esterna, rifugge dall’emulazione maschile disconoscendo nella propria essenza la pur necessaria, misurata, componente maschile.
Questa pratica può essere anche un valido strumento per l’uomo anch’esso vittima del nostro tempo, ossessionato da prestazioni che lo pongono in un interminabile conflitto allontanandolo sempre più dalla vita, dall’amore; uno strumento che gli permetta di scoprire dentro di sé la tenerezza del bimbo accolto dalle braccia della madre.
Il Tai Chi ci appare come una sequenza di movimenti di lentezza misurata, nella quale si alternano figure che ci rimandano alle delicate movenze di alcune specie di animali come la gru bianca che spiega le ali piuttosto che il serpente che dardeggia la lingua.
La bellezza formale dei movimenti è arricchita dalla morbidezza che si esprime come in alcuni eventi naturali, quali il fluire dell’acqua, l’agitarsi delle nuvole, il calore e l’espansione del fuoco.
Il Tai Chi inoltre riapre una finestra sull’esterno che la frenesia del nostro tempo aveva inevitabilmente chiusa, ci rieduca a relazionarci.
Relazionarci con l’esterno; certo, questo importantissimo punto del nostro vivere sociale puo’ essere rivisitato grazie ad un elemento basilare che caratterizza la disciplina del Tai Chi: il “Twei Shou”. In questo difficile nome cinese e’ racchiuso il significato interrelazionale di una pratica che viene eseguita in coppia. Se facciamo mente locale a come oggi la vita sociale allontani sempre di piu’ da noi un contatto umano inteso come manifestazione delle nostre emozioni, ci rendiamo conto che molti di noi (tra cui molte donne) temono, non gradiscono o evitano questo linguaggio perche’ …perche’ non posseggono gli strumenti per poter codificare tali manifestazioni. Quindi, come citato sopra, anche e soprattutto nell’esercizio a due ci riappropriamo di quegli strumenti indispensabili per relazionarci con chi ci e’ accanto o di fronte attraverso l’ascolto, la cedevolezza, la morbidezza, l’aderire il seguire: strumenti questi dimenticati perché sostituiti dall’aggressività, dalla prepotenza, dal protagonismo.
La pratica con un partner quindi, non deve essere vissuta in modo antagonista, ma piuttosto come un’apertura verso la comprensione dell’altro. Scoprire le similitudini fa comprendere e accettare le diversità. Si apprende il rispetto, la tolleranza e si partecipa alla scuola della vita.
A testimonianza di ciò riportiamo l’intervista effettuata ad alcune donne che praticano il Tai Chi.
Cerchiamo di capire perché praticano questa disciplina, come sono giunte ad essa, cosa traggono da essa.
Forse le loro parole instilleranno ad altre donne quel tanto sufficiente per avere la voglia di sapere di più, di provare a vivere quella meravigliosa disciplina ” senza tempo” che è il Tai Chi.
Seguono le quattro testimonianze:
Franca:
Alla domanda di come e’ stato il suo approccio al Tai Chi e quale significato ha per lei questa disciplina, risponde cosi’:
” Mi trovavo a Rimini al Raduno Nazionale di Reiki nel 1995 e , tra le attivita’ alternative alle quali noi partecipanti potevamo accedere, era presente anche il Tai Chi. La mia innata curiosita’ mi spinse ad assistere alla dimostrazione di questa sconosciuta arte marziale. Cosi’, una mattina, in riva al mare alle 6,30 Salvatore, il maestro, inizio’ ad eseguire la Forma delle 24 posizioni nello stile Yang con l’acqua del mare che accarezzava i suoi piedi.
Questa sequenza lenta di movimenti che appariva per la prima volta ai miei occhi giunse fino alla mia essenza facendo vibrare un’ emozione che mi commosse. Un contatto magico e totalmente invasivo sia fisicamente che spiritualmente. Fu il vero colpo di fulmine; un’attrazione verso questa arte che mi aveva affascinato in modo profondo. Capii che essa conteneva l’alchimia giusta per compensare la mia natura fortemente impulsiva, dinamica e muscolare. Provavo odio-amore, attrazione-repulsione verso quel movimento lento, calmo ed armonico cosi’ lontano dalla mia natura e quindi cosi’ sconosciuto. Decisi che dovevo provare. Non mi sbagliavo: oggi la pratica del Tai Chi e’ parte integrante di me; una passione ed una conoscenza di cui non posso piu’ fare a meno e che ogni giorno affonda in me con sempre maggiore consapevolezza e beneficio.”
Marcella:
Praticare Tai Chi significa imparare a diventare morbidi,duttili,elestici e più disponibili.Purtroppo la quotidianità ci rende a volte rigidi nei nostri abitualicomportamenti con noi stessi e con gli altri. Sopratutto per noi donne é davvero difficile fare tutto quello che vorremmo in una giornata senza cadere nell’ansia, nella depressione o più smaccatamente nella rigida suddivisione degli impegni. Così, tale comportamento si ripercuote anche nel nostro corpo. Ho dovuto imparare a superare le difficoltà iniziali che consistono nel sentire di più la nostra struttura corporea quindi, un pò di male alle articolazioni e sopratutto alle gambe,che in questo modo si rafforzano e diventano con il bacino e le anche le radici del nostro movimento interno. Con il tempo e con l’allenamento il corpo si rilassa e da questa nuova consapevolezza sono riuscita a essere meno ansiosa e più calma in generale. Questo giova molto a me e anche a quelli che mi circondano.
Paola:
Inizialmente sono stata affascinata dalla bellezza dei movimenti del Tai Chi, lenti, aggraziati, una danza naturale e cosmica nella quale si racchiude la filosofia dello Yin e dello Yang.
Fu così che cercai una guida per iniziare la mia esperienza nell’arte della “Meditazione in movimento”.
La grande scoperta è stata nella pratica, la quale mi ha portato molteplici benefici, più consapevolezza interiore, equilibrio e una maggiore energia psico-fisica. E’ stato come incontrare un nuovo modo di vivere ed affrontare l’esistenza; attraverso il movimento interno si intuisce come poter conquistare una nuova forma di apertura mentale che aiuta a fluire con la corrente e a trasformarsi in qualunque cosa la situazione richieda.
Giulia:
Erano anni che andavo in palestra, ma a un certo punto arrivò l’aerobica con i suoi decibel, poi il body building e tutto il resto: la tradizionale “ginnastica” era sparita e non sapevo più che fare. Un amico mi suggerì di andare a vedere una lezione di Tai Chi: alle 7 del mattino! Forse fu proprio l’orario a far scattar la molla della curiosità. Rimasi stupefatta e affascinata. La magia di quel lento e armonico fluire mi diede una sensazione come di eternità, di immensità, di cosmico. Di contatto con dimensioni profonde. Mi sentivo irrimediabilmente lontana dall’ineffabilità di quel movimento ma volli tentare di avvicinarmi.
Con il Tai Chi ho toccato con mano le mie “corazze”, le contratture dei miei muscoli e delle mie emozioni, il dispotismo della mente, la rigidità delle paure. La pratica del Tai Chi costringe a fare i conti con la propria “linea d’ombra”, a ricercare l’equilibrio tra i nostri opposti poli interiori, uomini o donne che siamo: calore e freddezza, opposizione e conciliazione, femminile e maschile. Un equilibrio mai statico, mai trovato per sempre, ma continuamente da cercare e da mettere in relazione: agli altri, alle situazioni, ai momenti. La bellezza del Tai Chi è la sua duttilità, il suo muoversi sul confine tra il “sì” e il “no”, tra il cedere e l’imporsi, il suo farti sentire un’alternativa tra l’una e l’altra possibilità. Poter quindi scegliere con determinazione, in tutta serenità.
Franca Fraschini Duvia